Amministratore: l’obbligo di agire in giudizio per la tutela degli interessi comuni
L’amministratore di un condominio può agire in giudizio per la tutela degli interessi comuni. Ai sensi dell’articolo 1131 c.c., ha la rappresentanza dei partecipanti e può, quindi, agire a tutela di un interesse comune, sia contro i condòmini sia contro i terzi, il tutto nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 c.c.; pertanto, quando la rappresentanza attiva esula dalla sfera di dette attribuzioni, essa deve necessariamente essere sorretta da apposita investitura deliberata dall’assemblea condominiale.
Alla stregua di detti principi è da ritenere che l’amministratore abbia l’obbligo di agire in giudizio per la tutela degli interessi comuni senza alcuna autorizzazione nei confronti dei singoli condòmini al fine:
- a)di eseguire deliberazioni dell’assemblea e di curare l’osservanza del regolamento di condominio;
- b)di disciplinare l’uso delle cose comuni, così da assicurarne il miglior godimento a tutti i condòmini;
- c)di riscuotere dai condòmini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea;
- d)di compiere gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell’edificio
Quando l’oggetto della causa esorbita dai limiti anzidetti ed incide, invece, su obblighi o diritti esclusivi dei singoli condòmini, la rappresentanza di diritto dell’amministratore deve senz’altro essere esclusa Cass. 3655/1975.
È opportuno tener presente che la Legge di riforma del condominio (L. 220/2012) ha introdotto, al nuovo articolo 69 disp. att. c.c., l’obbligo per l’amministratore di dare immediata notizia all’assemblea della convocazione in giudizio del condominio per la revisione delle tabelle millesimali: in caso di inadempimento, l’amministratore può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.
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