Se stai leggendo questo articolo probabilmente se in cerca di notizia su la maggioranza per l’approvazione delle tabelle millesimali.
Fino all’anno 2010 e, precisamente, fino alla sentenza delle Sezioni Unite 18477/2010, era principio condiviso da tutti che in condominio sussistessero da un lato la tabella generale, detta anche della proprietà e, dall’altro, una serie infinita di tabelle: scale, ascensori, che riguardavano singole spese.
Mentre la prima tabella era il frutto di un accordo negoziale, per cui era necessaria l’unanimità dei condòmini per poterla modificare, per tutte le altre era sufficiente la maggioranza dei partecipanti all’assemblea che rappresentassero i 500 millesimi del valore dell’edificio. Invece, secondo il pensiero della Cassazione, espresso con la suddetta sentenza, mentre «caratteristica propria del negozio giuridico è la conformazione della realtà oggettiva alla volontà delle parti», al contrario l’atto di approvazione della tabella «fa capo ad una mera documentazione ricognitiva di tale realtà dove la tabella altro non era che l’espressione della forza del voto in assemblea e del peso relativo agli obblighi». Con la conseguenza che non sarebbe stato più necessario, per approvare modifiche o variazioni alla ripartizione dei millesimi, il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136, secondo comma, c.c.
Sull’effettiva portata della sentenza non tutti erano d’accordo. Fu Confedilizia, la maggiore organizzazione dei proprietari di casa, a ritenere che essa riguardava solo le altre tabelle sulla ripartizione delle spese per i servizi che i condomini usufruiscono in misura diversa e non i diritti di proprietà.
L’ufficio studi della Confedilizia precisò che «la sentenza prendeva in esame il caso dell’approvazione di una tabella millesimale al fine di stabilire i contributi dei condomini dovuti in relazione al servizio di riscaldamento, sancendo che la relativa decisione possa essere assunta a maggioranza dall’assemblea. Non si trattava di un principio del tutto nuovo, soprattutto in dottrina, e quindi questa sentenza non andava enfatizzata più di tanto, non riferendosi alle tabelle millesimali ai fini dei diritti di proprietà». Malgrado tale oggetto, la stessa sentenza è stata intesa come un capovolgimento dei principi che riguardano la tabella generale, detta anche della proprietà. E non a torto perché la Cassazione, partendo dal disposto dell’articolo 1138 c.c. che prevede
l’approvazione del regolamento di condominio con 500 millesimi, in base al disposto di cui all’articolo 68 disp. att. c.c. che prevede che le tabelle millesimali debbono esservi allegate, conclude con il ritenere che anche per queste sia sufficiente la maggioranza dei 500 millesimi per l’approvazione.
I precedenti indirizzi sull’approvazione e revisione delle tabelle millesimali possono dividersi in due grandi linee: il primo con cui si riteneva la nullità assoluta della delibera assunta in mancanza della totalità dei condomini, ed il secondo che riteneva in tale evenienza sussistere solo una nullità relativa.
Una prima tesi sosteneva, infatti, che la determinazione dei valori della proprietà e la loro espressione in millesimi fosse regolata direttamente dalla legge, per cui non rientrava nella competenza dell’assemblea.Altra tesi, ad essa molto vicina, sosteneva la natura negoziale dell’approvazione in quanto, pur non potendo essere considerata come un vero e proprio contratto, non avendo carattere dispositivo, la delibera andava inquadrata nei negozi di accertamento con conseguente necessità del consenso di tutti i condomini.
Nella sentenza del 2010 la Suprema Corte confuta, uno ad uno, tutti gli indirizzi citati adducendo che non è vero che la legge determina il valore della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi, per cui l’assemblea non è competente.
D’altronde, se le tabelle fossero direttamente regolate dalla legge senza alcun margine di discrezionalità, per la loro approvazione non sarebbe affatto necessario il consenso unanime, per cui ben potrebbero essere redatte direttamente dall’amministratore.
Non è neanche vero, secondo la Cassazione, che siamo in presenza di un negozio di accertamento perché in altre sentenze la Corte ha ammesso che le
tabelle servono solo ad esprimere un rapporto matematico senza incidere nei diritti dei singoli condomini. Tanto è vero che non è richiesta la forma scritta per la rappresentanza dei condomini trattandosi di deliberazione che non incide sui diritti spettanti a ciascun condomino.
Inoltre, tale deliberazione non ha nemmeno natura negoziale in quanto non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, che è previsto dalla legge, ma solo quale parametro di quantificazione dell’obbligo. La Corte, quindi, considerato che le tabelle millesimali, in base all’articolo 68 disp. att. c.c. sono allegate al regolamento di condominio che, ex articolo 1138 c.c. è approvato a maggioranza e che esse non accertano alcun diritto immobiliare di proprietà esclusiva ma solo il valore di tali unità rispetto all’intero edificio ai soli fini della gestione, conclude con il ritenere che esse vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio.
Da ciò la conseguenziale conclusione che le tabelle millesimali, anche quelle dette della proprietà, non debbono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136, secondo comma c.c.
A prescindere dalla durata e consistenza che questo nuovo indirizzo potrà avere (dato il nuovo testo dell’articolo 69 disp. att. c.c., così come modificato dalla L. 220/2012, che a proposito della revisione ripristina la necessità dell’unanimità salvo i casi di errore o mutamento dei valori proporzionali per oltre un quinto) non ci possiamo esimere, in questa sede, dal trattare due sue logiche implicazioni.
In primo luogo, se è sufficiente per l’approvazione delle tabelle millesimali la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, c.c., qualora questa non venga raggiunta, ma la delibera comunque approvata, saremmo in presenza di un mero vizio di annullabilità che, in quanto tale, deve essere impugnato nei trenta giorni, altrimenti la stessa delibera si consolida.
Conseguenza logica è che, anche la relativa impugnativa va notificata al solo amministratore, trattandosi di un mero vizio di annullabilità per mancato raggiungimento del quorum per legge previsto. Su tale situazione si viene ad innestare il nuovo testo dell’articolo 69 disp. att. c.c. laddove prevede che «i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità». Ci si chiede, quindi, a questo punto, se questa nuova disposizione ci fa ritornare una generale previsione di unanimità anche per l’approvazione delle tabelle millesimali.
Non si può ritenere ciò, in quanto, limitandosi l’espressione testuale della norma ai casi di rettifica o modifica ed in applicazione del principio ubi lex voluit dixit, si deve concludere che rimangono ferme tutte le precedenti posizioni giurisprudenziali, venendo ad essere modificate solo le maggioranze necessarie all’approvazione delle rettifiche.
Infatti, sulle posizioni assunte dalla Suprema Corte ormai vi era stata pacificità di indirizzo salvo qualche isolato parere contrario della dottrina oltre alla considerazione che così si rendeva anche possibile approvare a maggioranza le tabelle millesimali evitando il continuo ricorso al Tribunale con una citazione indirizzata a tutti i partecipanti al condominio.
Per cui, data la notevole difficoltà interpretativa del momento ed avvertendo il lettore di seguire su questo particolare punto quelle che saranno le pronunce anche future della giurisprudenza, si può concludere dicendo che per l’approvazione delle tabelle millesimali, redatte in applicazione dei criteri legali e convenzionali, è richiesta la maggioranza dei 500 millesimi. Tale assunto è stato confermato dalla recente sentenza n. 11837 del 13.05.2013 con cui la Cassazione ribadisce che: “il legislatore, con la recente legge n. 220/2012 ha sostanzialmente recepito l’insegnamento di cui alla sentenza a SS.UU. n. 18477/2010 modificando e profondamente innovando l’art. 69 delle Disp. att. c.c. Tale norma nel testo novellato prevede appunto che in linea generale i valori espressi dalle tabelle millesimali possono essere rettificati o modificati all’unanimità”
Passando, poi, all’esame letterale del testo del nuovo articolo 69 disp. att. c.c., questo, nella sua originaria formulazione prevedeva che le tabelle potessero essere rettificate o modificate, anche nell’interesse di un solo condòmino, quando erano conseguenza di un errore e quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della soprelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, era notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
Nel silenzio della legge, la giurisprudenza prevalente affermava che, tanto per la revisione che per la modifica, era sufficiente la maggioranza, ad eccezione delle tabelle di natura contrattuale, per le quali era richiesta l’unanimità dei partecipanti al condominio.
Il nuovo testo dell’articolo in esame specifica che:
Attenzione sempre al fatto che l’applicazione della nuova disciplina è circoscritta alle ipotesi di rettifica o revisione di tabelle che siano state redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali. In mancanza sarà pur sempre necessaria l’unanimità dei consensi.
L’errore che giustifica la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l’errore vizio del consenso, ma consiste nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.
Dovranno di certo rientrare nella nuova ipotesi normativa gli errori commessi nella misurazione della superficie reale o della cubatura, della planimetria o degli schizzi altimetrici, o nell’aver dato ad un alloggio una destinazione diversa da quella reale.
La Corte di Cassazione ha precisato che costituiscono errori essenziali e possono quindi dar luogo a revisione delle tabelle millesimali, in base all’articolo 69 disp. att. c.c.:• gli errori che attengono alla determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore dei singoli appartamenti quali l’estensione, l’altezza, l’ubicazione ecc;
• gli errori di fatto quale, ad esempio, l’erronea convinzione che un singolo appartamento abbia un’estensione diversa da quella effettiva;
• gli errori di diritto quale, ad esempio, l’erronea convinzione che nell’accertamento dei valori debba tenersi conto di alcuni elementi che, ai sensi dell’articolo 68, ultimo comma, disp. att. c.c., sono irrilevanti a tale effetto.
Non possono, invece, qualificarsi essenziali gli errori determinati soltanto dai criteri più o meno soggettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, poiché l’errore di valutazione in sé considerato non può mai essere ritenuto essenziale, non costituendo un errore sulla qualità della cosa, a norma dell’articolo 1429 c.c.
In merito agli errori di fatto la Cassazione ha precisato che la casistica più ricorrente è la seguente:
• errori di calcolo commessi nell’effettuare operazioni di matematica;
• errori nella misurazione della superficie reale o della cubatura;
• errori consistenti nell’avere scambiato la stima di un appartamento con quella di un altro;
• errori nella misurazione della planimetria o degli schizzi altimetrici;
• errore nell’avere attribuito ad un appartamento un servizio inesistente;
• errore nell’avere dato ad un alloggio una destinazione diversa da quella reale.
Sono, invece, errori di diritto quelli relativi ad una imperfetta interpretazione delle disposizioni legislative e giurisprudenziali come, ad esempio, il far rientrare nella valutazione le migliorie apportate dal singolo condomino o il valore locativo.
Restano fuori da possibili censure le valutazioni soggettive del tecnico. Infatti, non possono essere oggetto d’impugnazione l’individuazione che il perito faccia delle diverse caratteristiche del fabbricato e dei punteggi che egli riterrà conseguentemente opportuno attribuire. Ciò che conta non è tanto la valutazione che il perito fa delle caratteristiche individuate in un condominio, ma che una volta dettati i criteri di stima, essi vengano logicamente ed imparzialmente applicati. Non comporta modifiche della tabella millesimale, invece, il frazionamento di un’unità immobiliare in più unità. In tale evenienza, infatti, non si verifica alcuna delle condizioni previste dall’articolo 69 disp. att. c.c., perché la somma delle nuove quote risulta uguale a quella precedente, per cui si può procedere con una semplice operazione matematica al fine di aggiornare le tabelle millesimali alle mutate condizioni dell’edificio.
Negli atti di acquisto di immobili già esistenti prima della data di entrata in vigore del codice civile del 1942, spesso le indicazioni delle quote di proprietà si trovano espresse in maniera differente da quella millesimale: invece dei millesimi troviamo i centesimi, oppure divisioni fatte per frazioni o parti.
In questo caso è doveroso per il condominio effettuare la trasformazione in millesimi anche con una semplice operazione matematica, laddove le quote non calcolate su base millesimale esprimano non solo i criteri per ripartire la spesa per la cosa comune ma anche la misura del voto di ciascun partecipante.
Il nuovo testo dell’art. 69 disp. Att. C.c. ha previsto che in caso di revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale può essere convenuto in giudizio il solo amministratore di condominio.
Per completezza di disamina si fa anche riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione dell’11 luglio 2012, n. 11757, relativa all’impugnazione della delibera di approvazione per motivi diversi:
“L’impugnazione della delibera dell’assemblea condominiale di approvazione di nuove tabelle millesimali, fondata non già sull’errore iniziale delle tabelle originarie o sulla sopravvenuta sproporzione dei valori del prospetto, ma su vizi dell’atto assembleare, va proposta nei confronti dell’amministratore del condominio e non nei confronti dei singoli condòmini.”
Ed infine si ricorda che a conferma del suo conforme orientamento la Corte di Cassazione con sentenza del 19 luglio 2012, n. 12471 ha affermato che: “La preesistenza di tabelle millesimali non è necessaria per il funzionamento e la gestione del condominio, non solo ai fini della ripartizione delle spese ma neppure per la costituzione delle assemblee e la validità delle deliberazioni. La formazione delle tabelle millesimali, nonché la loro modifica, non necessita di forma scritta ad substantiam ed è desumibile anche da facta concludentia, quali il costante pagamento per più anni delle quote millesimali secondo criteri prestabiliti, invece della formale approvazione, fatta salva la possibilità del singolo condomino di impugnare la ripartizione delle spese quando questa non rispetti i criteri dettati dalla legge, per essere divergenti il valore della quota considerato ai fini della spesa e quello reale del bene in proprietà esclusiva.”
In conclusione e per le approvazioni, già avvenute prima della nuova legge si riporta la massima della Corte di Cassazione, Sezione 6 civile Ordinanza 27 giugno 2012, n. 10762, in tema di condominio negli edifici: “ai fini dell’approvazione o della modifica delle tabelle millesimali non è necessario il consenso unanime della totalità dei condòmini. Sulla base del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18477/2010 – principio applicabile tanto alle delibere assunte successivamente quanto a quelle intervenute precedentemente tale sentenza – risulta sufficiente, infatti, la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c.”
Avv.Rodolfo Cusano