Avv. Pietro D’Antò – Il Condominio Nuovo
Ritiene la Corte, che “ha già avuto modo di precisare che il diritto reale di abitazione, riservato per legge al coniuge superstite (art. 540 cod. civ., comma 2), ha ad oggetto la casa coniugale, ossia l’immobile che in concreto era adibito a residenza familiare. Poiché, dunque, l’oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide con la casa adibita a residenza familiare, esso si identifica con l’immobile in cui i coniugi – secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi- vivevano insieme stabilmente, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare (Cass. 14-3-2012 n. 4088).
E invero, le espressioni usate dall’art. 540, comma secondo, cit. (“…diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano …”) non lasciano al riguardo spazi a dubbi interpretativi. Il diritto de quo (introdotto con la riforma di cui alla legge 19 maggio 1975 n. 151), che spetta per legge al coniuge superstite ex legge , sorge chiaramente in esclusivo riferimento alla casa che dai coniugi era stata adibita a residenza familiare (dove il concetto di residenza, di cui all’art. 43, comma secondo, c.c., richiama la effettività della dimora abituale nella casa coniugale). Il contenuto del diritto in discorso viene poi completato dal diritto di uso sui mobili che corredano la casa coniugale, dove il corredare sta unicamente a significare che si riferisce alla destinazione in atto dei mobili si arredamento (Cass. 27-2-1998 n. 2159).
Secondo l’opinione prevalente, la ratio della suddetta normativa è da rinvenire nella tutela non tanto dell’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto dell’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare.
In proposito, è stato rilevato che oggetto della tutela dell’art. 540, secondo comma, c.c., non è il bisogno dell’alloggio (che da questa norma riceve protezione solo in via indiretta ed eventuale), ma altri interessi di natura non patrimoniale, riconoscibili solo in connessione con la qualità di erede del coniuge, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio, con conseguente inapplicabilità, tra l’altro, dell’art. 1022 c.c., che regola l’ampiezza del diritto di abitazione in rapporto al bisogno dell’abitatore (Corte Cost. n. 310/1989).”
La Corte, poi, “rileva che l’art. 548 primo comma c.c. equipara, quanto ai diritti successori attribuiti dalla legge, il coniuge separato senza addebito al coniuge non separato”. Ma, “ In conformità del prevalente orientamento della dottrina, tuttavia, deve ritenersi che, in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare faccia venir meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola”
(Cassazione, Sez. II Civile, sentenza n.13407 del 12 giugno 2014)
Tratto dalla rubrica “Giurisprudenza” de “Il Condominio Nuovo”. Per leggere molti altri interessanti articoli collegati a: shop.ilcondominionuovo.it e abbonati alla rivista.