Autore: avv. Giuliana Bartiromo
Quali documenti può chiedere l’amministratore per l’aggiornamento dell’anagrafe?
La legge di riforma della disciplina del condominio negli edifici n. 220/2012 ha modificato l’art. 1130 c.c., intitolato “Attribuzioni dell’amministratore” specificando al nuovo n.6) che l’amministratore, deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale, contenente i dati anagrafici del condòmino al fine di identificare i partecipanti al condominio.
Nella pratica, piuttosto che un registro dell’anagrafe condominiale, gli amministratori si sono dotati delle c.d. “schede anagrafiche” inserite in un raccoglitore o fascicolo, che i condòmini hanno compilato e debitamente sottoscritto in ogni parte. Tra l’altro ai sensi dell’art.10 comma 6 della L.220/2012 la trasmissione all’amministratore dei dati, è obbligatorio e ogni variazione dovrà essere comunicata in forma scritta entro 60 giorni. In caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, l’Amministratore richiederà con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’Amministratore acquisirà le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai proprietari.
Il registro di anagrafe condominiale, composto dalle varie schede, diviene una sorta di carta di identità ovvero una scheda dei dati del condòmino e dell’unità immobiliare contenente i dati anagrafici dei soggetti legittimati a partecipare al condominio e i dati catastali utili per identificare l’immobile. Tale registro è finalizzato a garantire una maggiore trasparenza della composizione della compagine condominiale sia nei rapporti interni tra comproprietari e tra questi ultimi e l’ amministratore sia nei rapporti esterni con i privati e le pubbliche autorità. Per le caratteristiche descritte, il registro assolve primariamente una funzione conoscitiva. Alla luce dell’istituzione di questo nuovo registro ed in seguito al sistema di aggiornamento disciplinato, si viene a creare un sistema di pubblicità notizia in relazione alle vicende attinenti la titolarità delle singole unità immobiliari.
Il registro di anagrafe condominiale è stato oggetto di studio anche del Garante della protezione dei dati personali che con la newsletter n. 387 del 23 aprile 2014 si è occupato specificatamente della tipologia di documenti che l’amministratore può richiedere per l’aggiornamento dell’anagrafe condominiale.
Preliminarmente, occorre precisare, in merito alla riservatezza dei dati raccolti, che l’amministratore dovrà archiviare ogni dato all’interno dell’anagrafe seguendo le indicazioni dettate dal Garante della Privacy in merito alla protezione dei dati personali. Difatti già nel 2006 il Garante ebbe modo di precisare che tutte le operazioni di trattamento dati devono essere effettuate nell’ambito delle attività connesse all’amministrazione di condominio. Pertanto, secondo le disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali (ex art. 11 d.lgs. 196/2003), l’amministratore potrà trattare solo le informazioni personali, pertinenti e necessarie alla attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni e dei singoli partecipanti della collettività condominiale. Sempre in riferimento al Codice della privacy, in virtù dell’art 24 comma 1, lett. a,b,c, l’amministratore potrà acquisire anche informazioni dei soggetti che non rientrano direttamente la compagine condominiale (come ad esempio i conduttori/inquilini).
Con la recente newsletter n. 387 del 23 aprile 2014 il Garante della Privacy ha individuato i documenti che l’amministratore può richiedere ai fini dell’aggiornamento del registro di anagrafe, stabilendo che il condòmino non è tenuto a fornire le prove documentali delle informazioni rese all’amministratore ed, inoltre, l’amministratore può trattare solo informazioni pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità da perseguire.
Cosa si può acquisire nel registro di anagrafe condominiale?
– le informazioni dei proprietari, usufruttuari, conduttori o comodatari che consentono di identificare e contattare i singoli partecipanti al condominio (numeri di telefono- telefax- email- p.e.c.) comprensivi di codice fiscale, residenza e domicilio;
– i dati catastali dell’unità immobiliare: la sezione urbana, il foglio, la particella, il subalterno, la categoria.
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Cosa non si può acquisire nel registro di anagrafe condominiale?
– La copia dell’atto di compravendita;
– Le “condizioni di sicurezza” delle singole proprietà esclusive.
Quest’ultimo dato, relativo alle “condizioni di sicurezza” è stato già modificato dal Decreto 23 dicembre 2013 n°145 convertito in Legge 9 del 2014, in cui viene precisato che in riferimento al registro di anagrafe condominiale, questo deve contenere solo i dati relativi alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. Pertanto non saranno i proprietari condòmini ad attestare le condizioni di sicurezza delle proprie unità immobiliari.
Pertanto, a seguito del monito del Garante della Privacy si parlerebbe di un’acquisizione soft dei dati e la compilazione dei registri avrà una natura meramente compilativa non potendovi acquisire prove documentali perché ciò risulterebbe eccedente rispetto alla funzione della attività di gestione ed amministrazione. Inoltre l’amministratore non potrà ispezionare ed accedere alle singole unità a fini di controllo delle condizioni di sicurezza.
Il monito del Garante della privacy, tuttavia, mal si concilia, con quanto disposto dall’art. 63, ultimo comma delle disp. att. c. c. il quale esplicitamente statuisce che “chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”. La norma prescrive esplicitamente, che in caso di cessione dei diritti sull’unità immobiliare, vi è l’obbligo di inviare copia autentica del titolo all’amministratore.
Per tali ragioni ci sembra di capire che l’orientamento espresso dal Garante non si coordini perfettamente da quanto disposto dal codice civile limitatamente alla fattispecie della cessione dei diritti sulle unità immobiliari.
Il registro dell’anagrafe condominiale è stato oggetto di studio anche del Consiglio Nazionale del Notariato, nello Studio 906-2013/C, che ha chiarito come l’obbligo di comunicare all’amministratore di condominio l’avvenuta variazione dei dati presenti nel Registro dei beni condominiali non grava sul notaio rogante ma sulle parti. Quindi, la prova documentale, per il CNN rimane pur sempre un elemento essenziale per determinare il trasferimento del diritto all’amministratore.
Pertanto, il Garante con la newsletter è incappato in una vera e propria amnesia in quanto la dell’art. 63 disp. att. c.c. non può essere elusa a seguito della interpretazione espressa dallo stesso Garante, atteso che lo status di condomino, in caso di vendita dell’unità immobiliare, si acquisisce soltanto nel momento in cui la copia autentica dell’atto di acquisto è portata a conoscenza dell’amministratore di condominio.
L’art. 63 disp. att. c.c. istituisce, a carico del venditore, l’adempimento di un onere senza il quale rimane obbligato al pagamento dei contributi sorti successivamente al verificarsi del trasferimento del diritto di proprietà. L’intervento legislativo, pertanto, ha previsto una nuova responsabilità in capo all’acquirente che agevola anche il compito dello stesso amministratore, che spesso rimaneva completamente all’oscuro delle vicende traslative della proprietà delle unità abitative condominiali, ostacolando la corretta individuazione del soggetto obbligato, con conseguente rallentamento nella soddisfazione dei crediti condominiali.
Pertanto, anche il Consiglio Nazionale del Notariato, impone alle parti l’onere di trasmettere le dovute comunicazioni all’amministratore e con riferimento al ruolo del notaio in relazione al mutamento dei dati di cui all’art. 1130, comma 6, c.c.?
La risposta elaborata dal CNN, molto articolata, è la seguente:
1) non grava sul notaio l’obbligo di comunicare all’amministratore l’avvenuta variazione dei dati presenti nel Registro dei beni condominiali (non vi è alcuna norma a tal proposito);
2) dal punto di vista strettamente legislativo non ha previsto alcun obbligo a carico del notaio di curare le formalità necessarie all’aggiornamento del Registro dei beni condominiali attraverso la trasmissione di copia autentica dell’atto notarile all’amministratore di condominio;
3) esclusa la sussistenza di un obbligo di comunicazione a carico del notaio rogante, ne discende che onerate in tal senso non possano che essere l’acquirente/venditore. In quanto l’acquirente ha interesse a provvedere a tale adempimento per acquistare a tutti gli effetti di legge lo status di condomino (ex art. 1130 c.c. e art. 63 ult. co.); l’alienante, ha interesse ad effettuare tale comunicazione, perché egli resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto (ex art. 63 ult. co.);
4) entrambe le parti (acquirente/venditore) devono anche informare l’amministratore della esistenza di un diritto reale come di un diritto personale costituito su una proprietà immobiliare facente parte di un condominio (come ad esempio la costituzione di un usufrutto).
Di fronte a tali prerogative però il CNN si appresta anche ad aprire uno spiraglio: “nulla vieta che le parti stesse possano incaricare lo stesso notaio del compito di trasmettere copia autentica dell’atto all’amministratore di condominio, anziché provvedervi direttamente loro. Una tale soluzione garantirebbe una più sicura corrispondenza fra le risultanze dei Registri Immobiliari con quelle del Registro dell’anagrafe condominiale”. La soluzione potrebbe rappresentare una soluzione facilmente attuabile visto che alle parti non rimarrebbe altro che comunicare al notaio le generalità dell’amministratore che gestisce lo stabile.









