Non basta la semplice maggioranza dei condomini per poter modificare i criteri di ripartizione delle spese condominiali stabiliti dal codice civile o dal regolamento di condominio: è necessario che l’assemblea raggiunga l’unanimità. Un principio chiaro, quest’ultimo, appena definito con altrettanta chiarezza dal Tribunale di Perugia.
Risultato: è nulla, e può essere impugnata da chiunque (persino da chi abbia votato a favore) e in qualsiasi momento (quindi anche oltre i 30 giorni previsti dalle legge), la delibera, approvata dall’assemblea con la semplice maggioranza degli intervenuti, che modifica i criteri di ripartizione degli oneri condominiali.
Come già chiarito dalla Cassazione una volta ritenuta nulla la delibera, la relativa impugnazione può essere fatta valere dal condomino che vi abbia interesse, presente o assente, consenziente o dissenziente che sia stato all’approvazione della delibera impugnata.
Giurisprudenza
Sulla stessa linea è una sentenza della Cassazione di due anni fa secondo cui è nulla (e tale nullità può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea anche se, nella stessa, abbia espresso parere favorevole) la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri fissati dalla legge o dal regolamento contrattuale di riparto delle spese, per la prestazione di servizi nell’interesse comune.
Ne consegue che la modifica a maggioranza, sia pure qualificata, del criterio di ripartizione delle spese, e non all’unanimità, si deve considerare nulla e l’azione può essere proposta in ogni tempo anche da chi abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera nulla.
Laleggepertutti
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