LA DELIBERA DI APPROVAZIONE IN DEROGA, È NULLA O ANNULLABILE?

La delibera di approvazione in deroga è nulla o annullabile? Cosa dice la normativa di riferimento:

Art. 1123. Ripartizione delle spese.
— Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio [1117, 1122], per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno [11182; disp. att. 68, 69], salvo diversa convenzione.

Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità [1124-1126; disp.att. 63, 68, 69].

Sul punto vedi anche art. 1124 c.c. per le scale e l’ascensore e 1125 c.c. per il cortile e i solai infra piano e l’art. 1126 c.c. per il lastrico solare/terrazzo a uso esclusivo.

Commento

Gli oneri condominiali quali obbligazioni propter rem

L’articolato in esame delinea i caratteri di un’obbligazione propter rem in quanto essa trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio. Infatti, essa ha i caratteri dell’ambulatorietà dal lato passivo — sia pure limitata agli ultimi due anni prima dell’acquisto in caso di alienazione dell’immobile — e dell’accessorietà.

Il fatto che la riforma del condominio ha limitato la responsabilità dell’acquirente solo agli oneri condominiali relativi all’anno in corso al momento dell’acquisto ed a quello precedente, ha innestato in dottrina un nuovo indirizzo che porta ad una diversa obbligazione definita anche parziale rispetto a quelle tipiche propter rem.

Sulla nascita dell’obbligo un primo orientamento faceva riferimento all’attività di gestione concretamente eseguita, altro diverso orientamento invece faceva discendere dalla delibera assembleare la nascita dell’obbligo. Ad oggi un orientamento mediano ha attivato una divisione (sic) tra gli oneri condominiali ordinari e quelli straordinari, operando un rinvio all’attività di gestione per i primi ed alla delibera per i secondi.

Qualora le tabelle millesimali manchino del tutto, al fine di non paralizzare la gestione è possibile che l’assemblea approvi a titolo di acconto e salvo conguaglio tabelle provvisorie.

I criteri di riparto delle spese

L’articolo 1123 c.c., non toccato dalla riforma, detta tre criteri per il riparto:

  • il primo comma prevede il criterio della cd. utilizzazione generale;
  • il secondo comma stabilisce, invece, il criterio dell’utilizzazione differenziata;
  • il terzo comma, infine, prevede il criterio della utilizzazione separata.

Sulla base di tali criteri è possibile operare la seguente distinzione tra le diverse tipologie di spesa:

  • le spese necessarie per la conservazione ed il godimento dei beni in comune, per la prestazione dei servizi e per le innovazioni si ripartiscono in base ai millesimi della tabella generale (prima anche detta della proprietà);
  • le spese che, pur aventi gli stessi oggetti e scopi di cui al punto a), sono soggette ad un riparto in base all’uso, proprio perché vi è un’utilizzazione differenziata da parte dei condomini;
  • le spese che cadono solo su quella parte dei condòmini cui il bene o servizio effettivamente serve (condominio parziario).

Va, infine, affrontata la questione se i criteri di riparto stabiliti dall’articolo 1123 c.c. possano essere derogati mediante accordi tra i condòmini. La risposta è senz’altro positiva, non rientrando l’articolo in esame tra quelli dichiarati inderogabili dall’articolo 1138, ultimo comma, c.c., con la precisazione, tuttavia, che le deroghe possono essere deliberate solo dall’accordo unanime dei condòmini. Tale accordo può essere consacrato in un regolamento contrattuale ovvero essere oggetto di una delibera assembleare approvata all’unanimità. Sarebbe nulla (e come tale impugnabile senza limitazioni di tempo) la delibera che, in mancanza di accordo unanime, disponesse una ripartizione delle spese in base a criteri diversi da quello legale, mentre saranno semplicemente annullabili le delibere che in concreto ripartissero le spese in violazione dei criteri di ripartizione già stabiliti (Cass. SS. UU. n. 9839/2021).

L’erronea ripartizione delle spese tra nullità ed annullabilità della delibera

L’approvazione di un riparto di spesa erroneo può essere causa di nullità o di annullabilità della delibera assembleare che approvi quel riparto. La questione relativa alla forma dell’invalidità della singola delibera è stata oggetto di un recente vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale, culminato con la sentenza della Suprema Corte n. 9839 del 14 aprile 2021.

Ripercorrendo gli eventi che hanno portato all’emanazione di tale fondamentale sentenza, occorre partire dall’ordinanza n. 24476 del 1 ottobre 2019, con la quale la II Sezione civile della Corte di Cassazione trasmetteva gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite al fine di definire una serie di questioni che sempre più spesso generavano contrasto tra gli orientamenti delle sezioni semplici. Tra queste anche quella relativa alla forma di invalidità della delibera che ripartiva le spese per beni e servizi comuni con criteri differenti da quelli previsti dalla legge e/o dal regolamento contrattuale (così è ad esempio nel caso di una delibera assembleare che, in assenza di unanimità dei partecipanti al condominio e, dunque, in assenza del quorum deliberativo di 1000/1000 millesimi), decideva di ripartire una spesa per la conservazione, manutenzione, godimento, riparazione, ricostruzione di parti comuni con un criterio non previsto dalla legge né dal regolamento di condominio (es. ripartizione in parti uguali e non per tabella di proprietà delle spese di manutenzione del giardino condominiale, del cancello o del rifacimento della colonna pluviale di cui usufruisce tutto il Condominio composto da unico corpo di fabbrica).

Nella risoluzione di casi come quello analizzato si rinvenivano due contrapposti orientamenti:

  • un primo orientamento riteneva sempre nulla la delibera dell’assemblea che deroghi ai criteri legali di ripartizione o a quelli di cui al regolamento, in quanto trattasi di delibera resa in “eccesso di potere” rispetto alle attribuzioni assembleari, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissati dalla legge o dal regolamento contrattuale, occorrendo a tal fine un accordo unanime espressione dell’autonomia negoziale.1.
  • un differente indirizzo, viceversa, riteneva che erano nulle le sole delibere con cui l’assemblea espressamente e stabilmente modificava a maggioranza i criteri di riparto stabiliti dalla legge o da accordo unanime dei condomini mentre considerava annullabili le delibere in cui tali criteri venivano meramente ed episodicamente disattesi.

In altri termini, tale secondo orientamento riteneva ancora valida la distinzione tra violazione in astratto e violazione in concreto dei criteri di riparto delle spese, sanzionando la prima con la nullità della deliberazione e la seconda con la mera annullabilità.

Si ha violazione in astratto dei criteri legali, e conseguente nullità della delibera, quando si deroga agli stessi in assenza di accordo unanime dei partecipanti al condominio mentre, viceversa, ricorre la meno grave ipotesi di annullabilità della delibera quando si effettuano dei riparti che in concreto vadano a violare (rectius a mal applicare) i criteri già stabiliti dalla legge, come nel caso in cui, pur rispettando l’astratto criterio normativo, si deroghi allo stesso, per errore, nel singolo caso concreto.

Conclusioni

Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 9839/2021 hanno confermato tale secondo orientamento enunciando il seguente principio di diritto, testualmente:

“In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al “difetto assoluto di attribuzioni” -, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all’articolo 1137 c.c.”;

“In tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’articolo 1135 c.c., nn. 2) e 3), e che e’ sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicche’ la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’articolo 1137 c.c., comma 2″.

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